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25/07/2014
Riduzione in pristino per la violazione delle norme del codice civile sulle distanze
Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza n. 16687 del 22 luglio 2014.
La Corte Suprema, chiamata a decidere in via definitiva in un giudizio avente ad oggetto la violazione di distanze legali tra costruzioni, ha statuito che l'art. 2058 del codice civile, secondo comma (che prevede la possibilità di ordinare il risarcimento del danno per equivalente anziché la reintegrazione in forma specifica, in caso di eccessiva onerosità di quest'ultima), non può trovare applicazione in relazione a giudizi con cui si intende far valere un diritto reale, tutelabile attraverso la sola rimozione del fatto lesivo e quindi con la rimozione del manufatto costruito a distanza inferiore a quella consentita.
La Corte perviene a questa conclusione distinguendo il caso in cui vi sia la violazione di norme che integrano o modificano le disposizioni del codice civile sui rapporti di vicinato, dalle norme che soddisfano interessi di ordine generale, come quelli inerenti alle esigenze igieniche e alla tutela dell'estetica edilizia (artt. 871 e 872 c.c.).
Nel primo caso la violazione comporta la riduzione in pristino dello stato originario dei luoghi e il risarcimento del danno senza che sia necessaria alcuna attività probatoria, mentre nel secondo è attribuito soltanto alla pubblica amministrazione il potere di imporne l'osservanza coattiva, mentre al privato viene riconosciuto il solo diritto al risarcimento del danno.

Articolo 2058 del codice civile
Il danneggiato può chiedere la reintegrazione in forma specifica, qualora sia in tutto o in parte possibile.
Tuttavia il giudice può disporre che il risarcimento avvenga solo per equivalente, se la reintegrazione in forma specifica risulta eccessivamente onerosa per il debitore.

 

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